venerdì 9 giugno 2017

Grande Guerra MTB: Monte Ortigara

" 20 giorni sull'Ortigara, senza il cambio per dismontar....Ta Pum, Ta Pum, Ta Pum...."
Così comincia una famosissima canzone della Grande Guerra....
Il 10 Giugno 2017 ricorre il centenario della grande Battaglia dell'Ortigara . Il sacrificio della VI Armata.
Dopo aver letto libri autorevoli (Gianni Pieropan ha raccolto testimonianze di parte Italiana e di parte austriaca), per renderci conto di cosa poteva essere stato il teatro della grande battaglia, Flora ed io siamo partiti e ci siamo recati ad Asiago e da qui siamo saliti fino alla Colonna Mozza.
Bisogna specificare che la VI Armata ha combattuto lungo un fronte abbastanza ampio che andava da Rotzo al monte Zebio, al Monte Forno e all'Ortigara. Sul Fronte dello Zebio si è sacrificata la Brigata Sassari. Le asperità del Monte Ortigara hanno visto il prodigarsi di diversi battaglioni alpini. Lungo quelle poche centinaia di metri che dividono la Caldiera dall' Ortigara, lungo i valloni dell'Agnella e dell'Agnellizza migliaia di alpini morti, martellati dal fuoco preciso dell' artiglieria austriaca e dai nidi di mitraglia ben posizionati. Eppure gli alpini con impeto straordinario riuscirono a strappare agli imperiali quota 2105 (cima Ortigara). Purtroppo le indecisioni e le incertezze degli alti comandi italiani non diedero deciso impulso all'attacco e gli alpini restarono su quella cima sotto il fuoco distruttivo dei cannoni nemici senza possibilità di ricovero. Dopo pochi giorni di dura permanenza, un rapido ed efficace attacco Austriaco ricacciò gli alpini sulle vecchie linee in Caldiera. Oltre 10000 morti per ....nulla.
Gli Austriaci si erano insediati sull'altopiano che sovrasta la Valsugana (da Cima Portule a cima Caldiera, fino ad Asiago e Gallio)  in seguito alla Straexpedition. Quando l'offensiva si era fermata gli imperiali si erano ritirati su posizioni più facilmente difendibili. La controffensiva italiana dell'estate del '16 aveva riconquistato parecchio territorio, ma le offensive si erano arenate contro cima Ortigara e cima Zebio. L'inverno entrante aveva impedito una nuova e più potente offensiva italiana che venne rimandata alla primavera successiva. La VI Armata era stata addestrata e rifornita di artiglieria ed era pronta per l'attacco. Nel frattempo però anche i Kaiserjager si erano ben arroccati. Erano state costruite strade, teleferiche, caverne e trincee. Soprattutto essi presero perfetta conoscenza del terreno e disposero artiglieria e mitraglie nei siti strategici a chiudere i passaggi obbligati. Nonostante questo gli alpini, attaccarono con impeto.... Il potente bombardamento che precedette l'attacco non sortì l'effetto voluto. Il nemico era ben riparato nelle caverne ed al momento opportuno usci per respingere gli attaccanti...
Raccontata così la battaglia fa effetto ma non riesce a rendere l'idea nel modo completo. Era necessario andare sul posto a vedere, a toccare con mano, a vedere con gli occhi.
Siamo partiti da casa prestissimo e alle 9 eravamo già pronti in sella alla stazione di Asiago.
Con noi un amico, Alfio, appassionato di Grande Guerra.
Un pò di asfalto fino Camporovere per deviare poi su strada militare.
Dopo una discesa su forestale assai rotta (incontriamo anche bikers che scendono con bici a mano), cominciamo a salire per vecchia militare verso malga Val Galmarara.
Ci si rende conto di essere su una strada militare perchè diviene evidente, e piacevole, constatare che le pendenze sono costanti e mai troppo elevate o troppo lievi. Il fondo è ancora ottimo nonostante il tempo trascorso. Queste strade erano state pensate per consentire il trasporto di artiglieria (anche pesante), vettovaglie e consentivano l'agile passaggio di migliaia di soldati.
Qui siamo nel "settore austriaco".
La Grande Guerra sull'Altopiano portò, allora, morte e distruzione, ma ha lasciato ai posteri migliaia di km di strade militari ancor oggi usate. Su queste strade, dove ancor oggi circolano auto, in inverno sfrecciano gli sciatori di fondo, le Fat Bike, e in estate anche le nostre mtb.
Pedalando e chiacchierando, Flora, Alfio ed io arriviamo, quasi senza accorgercene, a Malga Val Galmarara.
Non ci fermiamo, il giro di oggi è lungo ed abbiamo tanta strada da percorrere. 
Proseguiamo lungo la bella strada e ben presto cominciamo ad incontrare i "ricordi" della Grande Guerra.
Ovviamente questa targa è stata inserita dopo la fine della guerra. Infatti, qui, gli italiani riuscirono ad arrivare solamente negli ultimi giorni prima del 4 Novembre 1918.
In questa parte di altipiano si erano ben piazzati gli austriaci e queste erano linee di retrovia dove riposavano le truppe e dove c'erano ospedali, magazzini e caserme. 
Erano talmente tante le strade costruite dagli austriaci che ad esse furono assegnate dei nomi. In particolare vennero intitolate a grandi generali o ai reali asburgici.
 Il generale Mecenseffy (cui è dedicata la strada che stiamo percorrendo) morì in queste retrovie, durante un bombardamento italiano mentre stava ispezionando le truppe. In questa zona era attivo il Gruppo Vidossich che non prese parte (se non inviando parte delle truppe come rinforzo) ai combattimenti diretti alla conquista italiana del monte Ortigara.
Su queste comodissime vie proseguiamo tranquilli salendo in modo costante. Il panorama ora è stupendo....ma... in questo deserto petroso, immaginiamo come poteva essere la vita dei soldati di allora. Niente acqua, niente ombre in estate....tanta e tanta neve negli inverni durissimi di quegli anni.

Pedaliamo ora sulla via dedicata all'imperatore Karl. Nel 1916 morì Francesco Giuseppe, ed a lui successe il figlio Karl. Non aveva il carisma e le capacità del padre e faticò parecchio a tenere unito l'impero, fino a che nel 1918, dopo la battaglia del solstizio, l'impero cominciò a disgregarsi.
Proseguiamo sulle ampie strade e, man mano che ci si avvicina all' Ortigara sono sempre più evidenti le vestigia delle costruzioni militari di allora.
molte furono le caverne costruite come ricovero per i soldati durante i bombardamenti dell'artiglieria italiana. Queste caverne furono uno dei motivi principali dell'insuccesso degli attacchi italiani. Infatti i kaiserjager riuscivano ad evitare di essere sterminati dai pesantissimi bombardamenti e a ripresentarsi assai combattivi nel momento in cui avanzavano gli alpini. Gli alpini esposti al fuoco nemico dovevano superare erti percorsi e valloni dove si concentrava il fuoco dell'artiglieria nemica e il fuoco incrociato delle terribili schwarzlose austriache. 
Il nostro pedalare è tranquillo e agevole sulle belle strade militari a pendenza costante. 
Incontriamo parecchi camminatori. 



le caserme....

qualche collezionista ha asportato lo stemma del reparto....

Continuiamo a salire. La strada ora non è così agevole e il fondo si fa a tratti assai sconnesso. Ma si progredisce ugualmente. Stiamo andando veramente bene.


Il massiccio dell'Ortigara è terreno carsico, e sono frequenti le grandi doline. Nelle doline , al riparo dei tiri dei cannoni italiani, furono costruiti baraccamenti per le truppe e centri comando.
Lasciamo l'ampia strada militare per avventurarci su un bel single track che ci porterà direttamente in vetta. 

Il sentiero è assai impegnativo e ogni tanto siamo costretti a passare qualche ostacolo a spinta. Ma si va. Siamo proprio sotto la cima. La famosa e tragica quota 2105 è davanti a noi....qualche centinaia di metri. 
Ora tanta gente si affolla nell'altipiano; chi mangia, chi prende il sole, chi fa il pic nic....
Mi estraneo da tutto questo e mi sembra di sentire il rumore di allora.
Il rumore potente del cannone, il gracchiare della mitraglia, i colpi secchi dei fucili.
Eppure, nonostante tutto i soldati vivevano, piangevano, ridevano e scherzavano. Da questa parte gli austriaci si preparavano a sostenere l'attacco, dall'altra parte del vallone gli italiani, sicuri della loro forza si preparavano all'attacco imminente, il morale era alto e le truppe ben preparate.

Sotto un sole brillante entriamo nella zona sacra. 
Nonostante tutto il monte brulichi dei gitanti domenicali, più o meno accampati, arriviamo in vetta accompagnando le bici a mano. Ci viene istintivo di pensare male, ma poi penso che, tuttosommato, anche i soldati sono contenti di avere una compagnia allegra e vociante....dopo tanta morte e disperazione, un pò d'allegria non guasta.
Ci adeguiamo anche noi, ci concediamo qualche foto ricordo e approfittiamo della sosta per mangiare qualcosa. 
Diamo uno sguardo verso nord. Il ciglio della montagna scende a picco sulla Valsugana. La in fondo c'è la famosa quota 2101, e più in la il passo della Caldiera. Gli alpini conquistarono e tennero a lungo quota 2101, ma non riuscirono mai a passare il passo della Caldiera, nodo chiave di tutto l'attacco. Più in la Cima Caldiera con le posizioni Italiane.


Laggiù il verde altopiano di Asiago.

Dobbiamo iniziare le operazioni di rientro.
Sappiamo che il sentiero di cui abbiamo traccia è piuttosto ostico ed impegnativo. Sappiamo anche che, probabilmente dovremo fare qualche tratto con bici a spinta per passare i punti più impegnativi con salti significativi. Siamo consci del fatto e partiamo.
Ci fermiamo quasi subito davanti ad una altro monumento di guerra.

Inizia la discesa vera e propria lungo un single track per noi davvero impegnativo. Scendiamo fin sotto i Campigoletti e poi lungo il vallone dell'Agnella.


Il sentiero alterna tratti simpatici e scorrevoli a momenti davvero tecnici. Non ci sono problemi, per evitare pericolose cadute e rovinarsi la domenica preferiamo eseguire il passaggio con bici a mano. 
In questo periodo siamo troppo impegnati nel destreggiarsi tra le pietre e i gradini del sentiero. Le foto, purtroppo sono poche. Ci viene però da pensare ai ragazzi che si contendevano questi monti a colpi di cannone e di mitraglia. Noi siam qui a divertirci....anche grazie a loro...

Mano a mano che perdiamo quota il sentiero diventa sempre più ciclabile e divertente. In mezzo ai prati rimangono ancora bene evidenti i crateri delle passate bombe....


Più giù troviamo la lapide commemorativa di un caduto trentino. I trentini, allora erano di nazionalità austriaca e avrebbero dovuto prestare servizio nell'imperial esercito. Molti vennero mandati a combattere in Galizia...altri scelsero di passare la frontiera e combattere con il regio esercito italiano.
Quando venivano catturati erano giustiziati come traditori ( Battisti, Filzi, Oberdan ecc). Molti morirono in combattimento. Sul luogo di morte furono poi erette queste lapidi-ricordo.
Lungo la discesa che continua scorrevole (alternata a ripidi strappi) troviamo ancora postazioni e ricoveri in caverna. Le zone di combattimento sono molto vicine.



Il percorso ora è veramente scorrevole e lasciamo correre le nostre mtb. 
Poco più in la c'è la Malga Moline. Usciamo dalla traccia di qualche centinaia di metri e andiamo al rifugio dove ci fermiamo una mezz'ora per riposare e mangiare qualcosa. 
La parte più difficile della discesa è fatta. 
Ma le emozioni non sono finite.
Dopo la meritata sosta torniamo in traccia e ci dirigiamo verso il Monte Forno. 
Questo monte faceva parte del sistema difensivo austriaco e la sua conquista era strategica per l'offensiva della VI armata Italiana (insieme al monte Zebio).
L'ampia strada bianca comincia a salire dolcemente.
L'attacco al monte Forno era  carico della 29° divisione comandata da Generale Caviglia, uno dei migliori comandanti del nostro esercito. Nonostante i reiterati attacchi ed il sacrificio dei nostri soldati (fra cui gruppi alpini). il sistema difensivo austriaco resse e il monte rimase in mano nemica.


Più avanti troviamo questo cartello dedicato agli alpini e all'alpino Ambrosini. Fin qua nulla di strano.. Eppure quel nome ci ricordava qualcosa. Qualcosa di simpatico e non il solito riferimento a morte e distruzione. 
Infatti poco più avanti troviamo la risposta.
Molti, molti anni dopo la fine della guerra (negli anni 70) si ritrovarono , per puro caso, l'alpino Ambrosini ed un kaiserjager . Non più nemici insieme ricordarono quegli anni e scoprirono che insieme furono protagonisti di una tregua nel durissimo inverno del 1916. Si scambiarono per l'occasione sigarette e cioccolata...per finire con un piccolo furto ai danni degli austriaci....

Il segone da legna rubato al nemico è stato simbolicamente posto sulla sommità della lapide.
Ci commuoviamo alla lettura della lapide... non possiamo trattenere le lacrime di commozione. Avevamo letto dell'episodio...ma ritrovarci qui, nel posto del "fattaccio" ci da una emozione incredibile. 
Non arriviamo sul monte Forno (non c'è il tempo) e deviamo su uno stupendo single track che ci porterà in Val di Nos.

Il sentiero non è difficile....ma nemmeno banale...
Molto divertente è la definizione giusta.



Ora il sentiero corre fra prati e boschi. Non è più l'arida pietraia sommitale . Ci stiamo divertendo parecchio.





Entriamo ora in Val di Nos. 
abbandoniamo il sentiero così divertente e scendiamo lungo la bella militare grande e scorrevole. Scendiamo veloci veloci verso Asiago. Più in basso cominciamo ad incontrare auto che trasportano i turisti domenicali ad apposite aree pic nic e di giochi. 
La bella escursione sta finendo ma le emozioni che ci ha regalato restano in noi.
Le foto e il filmato che ho realizzato hanno catturato le immagini dei luoghi, ma le emozioni sono difficili da imprimere su file. Quelle restano e resteranno scolpite nei nostri cuori. La bella escursione in compagnia ci ha regalato momenti intensi...
La Grande Guerra ha un fascino incredibile e il sacrificio di tanti giovani ci ha profondamente presi.
Per non dimenticare...

Per chi volesse perdere un pò di tempo è possibile visionare il filmato che ho montato al seguente indirizzo :

2 commenti:

  1. Ciao ho visto il video molto bello ….mi piacerebbe ripetere il giro,dove potrei trovare la traccia ???
    Grazie antcipatamente

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  2. Ciao Stefano mi riconosci? Domani vado a fare questo giro con due amici.

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